Nel XVIII, come pure nel successivo XIX secolo, si consolida nell’opinione pubblica il mito di Voltaire come libero pensatore, miscredente se non proprio ateo, che scalza le fondamenta morali e religiose della società. Ancora alla fine del XIX secolo, un articolo intitolato «Voltaire come capo e simbolo della miscredenza francese» descrive in questi termini il pensatore di Ferney:
Voltaire fu in realtà il più grande sostenitore e diffusore del razionalismo nell’Europa moderna. Fu il genio maligno del secolo passato, al quale impose il sigillo del proprio spirito, incarnandone personalmente l’insieme dei vizi e dei difetti, sotto il cui peso caddero anche buone compagnie che non gli erano estranee.
Integralmente figlio del proprio secolo, Voltaire è nato e cresciuto in un ambiente che, sin dai primi istanti in cui la sua coscienza si era rivelata, aveva avvelenato la sua anima con il virus della frivolezza, dello scetticismo e dell’immoralità.
Questa analisi si fonda tuttavia su un’assoluta mistificazione. Sebbene militasse contro il fanatismo religioso, Voltaire era ben lontano dall’essere ateo. Non è certo un caso che una delle sue dichiarazioni preferite fosse la massima: «Se Dio non esistesse, bisognerebbe inventarlo». Voltaire fa comparire per la prima volta questo aforisma ne L’Epistola all’autore del libro Dei tre impostori (1769). Dei tre impostori è un trattato ateo anonimo del XVIII secolo, che denuncia i «tre ingannatori», vale a dire i fondatori delle tre religioni monoteiste Mosé, Gesù Cristo e Maometto. Nella biblioteca di Voltaire è conservata un’edizione di questo libro con un’annotazione di suo pugno «libro pericoloso» (BV 2–63). Voltaire spedì copia di questa Epistola a numerose persone: nella sua corrispondenza, parlando di questo poema, Voltaire sottolinea come lui lotti ad uno stesso tempo tanto contro la superstizione quanto contro l’ateismo. In una lettera del 12 marzo 1769 alla nipote, Madame Denis, l’eremita di Ferney scrive: «Mi sono divertito stamani a scrivere un’Epistola contro il libro dei tre impostori. L’ho appena terminata e ve la invierò. Credo che l’ateismo sia tanto pernicioso quanto la superstizione».In una lettera alla Marchesa du Deffand del 15 marzo 1769 (alla quale aveva inviato una copia dell’Epistola), il pensatore di Ferney annota: «Ecco una piccola opera contro l’ateismo, di cui una parte è edificante, l’altra un po’ scherzosa». Nel 1773, Voltaire ripete questa massima, sottolineando la necessità dell’esistenza di Dio e della fede, nel «Discorso del Signor Belleguier» (1773).
I principi fondamentali sono formulati anche nei «Discorsi»: «L’astronomo che osserva il corso degli astri, stabilito secondo le leggi della più profonda matematica, deve adorare l’eterno Geometra. Il fisico, che osserva un chicco di grano od il corpo di un animale, deve riconoscere l’eterno Artigiano. L’uomo morale, che cerca un punto di appoggio alla virtù, deve ammettere l’esistenza di un Essere tanto giusto quanto supremo. Così Dio è necessario al mondo, e si può dire con l’autore dell’Epistola all’imbrattacarte dell’insipido libro dei Tre impostori: "Se Dio non esistesse bisognerebbe inventarlo".
Nel 1774 Voltaire vergò ancora una volta il suo aforisma preferito su un foglio di carta rilegato prima della pagina riportante il titolo del trattato ateo anonimo Il vero senso del sistema della natura (trattato che fu pubblicato sotto il nome di Helvétius), libro che è conservato nella biblioteca di Voltaire (BV 2–42)
«Se Dio non esistesse, bisognerebbe inventarlo»
I libri sacri nella biblioteca di Voltaire